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Verso mari sani e produttivi in Europa e oltre

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Article Pubblicato 15/09/2017 Ultima modifica 11/05/2021
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Photo: © Zeljko Scepanovic, NATURE@work/EEA
La vita marina, il clima globale, la nostra economia e il nostro benessere dipendono tutti dalla salute dei mari. Malgrado alcuni miglioramenti, dalle nostre valutazioni emerge che il modo in cui utilizziamo attualmente i mari europei rimane insostenibile e che i cambiamenti climatici e la competizione per le risorse naturali comportano ulteriori pressioni sull’ambiente marino. Le politiche e le misure europee potrebbero favorire altri miglioramenti se venissero attuate attraverso una “gestione ecosistemica” e sostenute da un quadro globale di governance degli oceani.

Il nostro continente è circondato da oceani e mari che, durante tutta la sua storia, ne hanno plasmato il clima, l’economia e la società: il mare ha dato lavoro alle comunità costiere e alimenti di alto valore nutrizionale all’intera Europa; gli itinerari commerciali marittimi hanno portato prodotti, innovazioni e nuove idee, mentre le correnti oceaniche trasportano calore dalle regioni tropicali verso i poli, rendendo il clima dell’Europa settentrionale maggiormente adatto all’insediamento umano.

Gli oceani occupano infatti il 70 % circa della superficie del nostro pianeta e senza di essi non ci potrebbe essere vita sulla Terra; ospitano una moltitudine habitat e di specie e ogni anno ne vengono scoperte di nuove con caratteristiche uniche. Oltre a regolare il clima globale e a favorire la biodiversità, gli oceani costituiscono anche il maggior assorbitore di carbonio: catturano l’anidride carbonica dall’atmosfera e contribuiscono alla lotta contro i cambiamenti climatici. Inoltre, forniscono opportunità di lavoro: secondola Commissioneeuropea, l’economia “blu” rappresenta grosso modo 5,4 milioni di posti di lavoro e genera un valore aggiunto lordo di quasi 500 miliardi di euro all’anno.

Mari sotto pressione

Purtroppo gli oceani, compresi quelli che circondano l’Europa, vengono sottoposti a una crescente pressione a causa delle attività umane e dei cambiamenti climatici. Recenti valutazioni indicano chiaramente che gli ecosistemi marini sono in fase di degrado o di mutamento; i cambiamenti climatici hanno indotto aumenti di temperatura e la potenziale acidificazione degli oceani può indebolire ulteriormente la resilienza ecologica dei mari europei. Una gran parte delle pressioni è riconducibile alle attività in mare, quali l’estrazione e la produzione di risorse naturali (minerali, pesci, molluschi, ecc.), i trasporti e la produzione di energia o l’inquinamento, ivi compresa l’attrezzatura per la pesca abbandonata. Per esempio, la pesca intensiva a strascico causa danni fisici al fondo marino, compromettendo gli habitat, oppure le acque di zavorra introducono specie invasive che possono incidere su interi ecosistemi, in particolare in mari regionali semichiusi come il Mar Baltico e il Mar Nero.

Le attività sulla terraferma (come l’utilizzo di fertilizzanti agricoli, prodotti chimici per l’industria e acque reflue) contribuiscono ad aumentare le pressioni. Per esempio, i fertilizzanti industriali contengono sostanze chimiche come il fosforo e l’azoto, che una volta raggiunto l’ambiente marino fungono da nutrienti causando, tra le altre cose, la proliferazione di alghe. Tale crescita eccessiva può consumare l’ossigeno presente nell’acqua, soffocando così altre specie acquatiche. Analogamente, le microplastiche e gli imballaggi di plastica utilizzati nei prodotti per la cura personale raggiungono gli oceani attraverso gli impianti di smaltimento delle acque reflue e i fiumi. La plastica si frammenta in piccoli pezzi, che vengono scambiati per mangime da tante specie marine, possono risultare letali ed entrano persino nella nostra catena alimentare. La domanda mondiale ed europea di materie prime e di altre risorse induce paesi e aziende ad esplorare nuove opportunità al di là delle zone terrestri e costiere, con il rischio di comportare un’ulteriore pressione sull’ambiente marino.

Economia blu in Europa

Riconoscendo l’importanza sia ecologica sia economica dei mari europei, l’UE ha attuato una serie di politiche e misure relative alla pianificazione e alla regolamentazione dell’uso sostenibile dei mari europei che riguardano alcune attività come la pesca, la produzione di energia offshore e la protezione della biodiversità marina. La direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, adottata nel 2008, mira a garantire la coerenza tra tali politiche dell’UE e fissa tre obiettivi per i mari europei, che devono essere “produttivi”, “sani” e “puliti”. Questo impegno è in linea con l’agenda per la crescita blu dell’UE, una strategia a lungo termine a sostegno della crescita sostenibile nei settori marini e marittimi nel loro complesso che è accompagnata dalla direttiva sulla pianificazione dello spazio marittimo. La politica dell’UE in quest’ambito è allineata anche agli obiettivi di sviluppo sostenibile e, in particolare, all’obiettivo 14 e all’obiettivo 6.

Sulla base dei dati disponibili, la valutazione dell’AEA in merito allo “stato dei mari europei” ha concluso che, nonostante si possano ritenere produttivi, i mari europei non possono essere considerati sani né puliti. Tuttavia, si riscontra una ripresa in alcuni ambiti. Per esempio, gli Stati membri dell’UE hanno già designato oltre il 9 % dei loro mari come aree marine protette. Analogamente, sembra che la pressione sulla pesca e il carico dei nutrienti si stiano attenuando, ma nonostante questi miglioramenti il modo in cui usiamo i nostri mari rimane insostenibile e minaccia non solo la loro produttività, ma anche il nostro benessere. 

L’impegno europeo e mondiale

I mari fanno parte del nostro capitale naturale europeo e la loro protezione e utilizzo richiede una gestione europea basata sugli ecosistemi che deve spingersi al di là di misure settoriali specifiche. Molte pressioni sono legate a schemi di consumo e di produzione insostenibili o ad esigenze e attività umane sulla terraferma. Ciò considerato, il miglioramento della gestione dei rifiuti urbani (attraverso la riduzione della quantità di plastica in natura) o la transizione verso modalità di trasporto più pulite (grazie a un minor numero di emissioni di gas a effetto serra) possono aiutare l’ambiente marino al pari dei miglioramenti nelle pratiche alieutiche sostenibili. Negli ultimi anni le politiche dell’UE, come il pacchetto sull’economia circolare, il pacchetto “Clima ed energia” e la strategia a basso tenore di carbonio sono sempre più orientate verso approcci globali per affrontare sfide socioeconomiche e climatico-ambientali più ampie.

Nel contesto dell’ambiente marino, un approccio globale comporterebbe l’adozione di una gestione basata sugli ecosistemi, aggregando diversi forum sulla governance in seno all’UE, come quelli istituiti negli ambiti della politica comune della pesca, della direttiva sulla pianificazione dello spazio marittimo e della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino.

Come avviene per tante altre problematiche mondiali (come l’inquinamento atmosferico e i cambiamenti climatici), anche per garantire la salute dei mari europei è necessario un approccio globale. Per facilitare la cooperazione a livello mondiale e far fronte ai problemi legati alla governance globale degli oceani, l’Unione europea ospiterà l’edizione 2017 della conferenza “Il nostro oceano” che si svolgerà a Malta a ottobre. In quell’occasione, l’Agenzia europea dell’ambiente e la Commissione europea presenteranno WISE per il mare, una piattaforma per condividere informazioni sull’ambiente marino a livello europeo al fine di sostenere la governance degli oceani e la gestione basata sugli ecosistemi.

 

Hans Bruyninckx

Direttore esecutivo AEA

Editoriale pubblicato nel numero n° 2017/03 della Newsletter AEA, settembre 2017

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