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L'Europa può creare un futuro con basse emissioni

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Press Release Pubblicato 29/06/2005 Ultima modifica 28/06/2016
L'Agenzia europea dell'ambiente di Copenaghen ha individuato alcune soluzioni per conseguire il contributo dell'Europa all'obiettivo relativo al cambiamento climatico globale

COMUNICATO STAMPA


Copenaghen, 29 giugno 2005



L'Europa può creare un futuro con basse emissioni


L'Agenzia europea dell'ambiente di Copenaghen ha individuato alcune soluzioni per conseguire il contributo dell'Europa all'obiettivo relativo al cambiamento climatico globale

Per raccogliere la sfida posta dalla necessità di garantire che le temperature globali non aumentino mai di più di due gradi Celsius oltre i livelli preindustriali occorre intervenire a livello europeo e mondiale. Questo impegno per farsi promotori di un "futuro con basse emissioni" è stato assunto da tutti i paesi dell'Unione europea. Le gravi conseguenze del cambiamento climatico già comprendono inondazioni, siccità e altri eventi climatici estremi più frequenti e costosi che incidono su risorse idriche, ecosistemi, agricoltura e salute umana.

L'Europa non può conseguire tale obiettivo da sola. Un recente rapporto dell'Agenzia ha analizzato un contributo che richiederebbe una riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra nell'Unione europea al 40% dei livelli del 1990 entro il 2030. Per tale anno, la relazione ipotizza cambiamenti sostanziali nel settore energetico dell'Unione, settore attualmente responsabile dell'80% di tutte le emissioni di gas ad effetto serra dell'Unione europea.

Oltre metà delle riduzioni necessarie nell'Unione europea risulterebbe da tecnologie che si potrebbero mettere a punto in Europa. L'applicazione di queste tecnologie comporterebbe una più efficiente produzione di elettricità e calore, nonché di un utilizzo più oculato dell'energia a livello domestico, in campo industriale, per i servizi, nell'agricoltura e nei trasporti, oltre che di un passaggio a combustibili a basso contenuto di carbonio e all'aumento dell'utilizzo di energie rinnovabili ottenute principalmente da vento e biomassa. Le altre riduzioni verrebbero ottenute attraverso uno scambio internazionale di emissioni che coinvolga il resto del mondo.

Questi sono i principali risultati divulgati in una nuova relazione pubblicata oggi dall'Agenzia europea dell'ambiente, che delinea una serie di scenari per valutare i cambiamenti necessari al fine di garantire un futuro con basse emissioni globali al minor costo.

La professoressa Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell'Agenzia europea dell'ambiente afferma:
"Il cambiamento climatico è la massima priorità dell'agenda internazionale e molti ora sono consapevoli dell'esistenza del protocollo di Kyoto. Il protocollo, tuttavia, rappresenta solo un primo passo, mentre sono già state intraprese discussioni in merito a ciò che va fatto dopo il 2012 per esser certi di non superare il limite di due gradi.
In Europa, sappiamo di non poter agire da soli, ma i nostri leader politici hanno ribadito il loro impegno per una leadership mondiale dell'Europa e ora l'Agenzia ha indicato una serie di misure per concretizzare tale impegno politico.
L'Europa deve abolire le sovvenzioni nocive all'ambiente nel campo dell'energia, migliorare la propria efficienza energetica e incrementare la propria quota di energia rinnovabile, ma deve anche contribuire a sviluppare un mercato efficiente di scambi delle emissioni a livello mondiale.
Gli europei devono trasferire tecnologie pulite nei paesi in via di sviluppo e investire maggiormente nella ricerca e nello sviluppo di queste tecnologie, interventi tutti indispensabili se vogliamo assolvere il nostro impegno politico", conclude Jacqueline McGlade.

Lo studio sugli scenari dell'AEA

Le modeste riduzioni delle emissioni totali di gas ad effetto serra ottenute dal 1990 sono state frutto di cambiamenti strutturali occasionali, abbinati a politiche e misure specifiche. Dal 2000, le emissioni di CO2 nei 15 Stati membri dell'Unione europea prima del 2004 (UE-15) sono invece aumentate. Sulla base delle politiche correntemente attuate, tale tendenza continuerà dopo il 2010 con un aumento complessivo stimato del 14% rispetto ai livelli del 1990 per il 2030.

Vari scenari di intervento sul clima analizzati dall'Agenzia europea dell'ambiente consentirebbero alle emissioni di gas ad effetto serra dell'Unione europea di diminuire del 40% entro il 2030. Oltre metà di queste riduzioni risulterebbe dall'uso di tecnologie che potrebbero essere messe a punto in Europa, mentre le altre sarebbero ottenibili mediante scambi internazionali di emissioni all'estero in un mercato efficiente di scambi di emissioni a livello mondiale.

La relazione dell'Agenzia europea dell'ambiente sottolinea come un sistema energetico alternativo che, nel 2030 permetta di ottenere in Europa emissioni di CO2 legate all'energia inferiori dell'11% ai livelli del 1990, è a portata di mano, sempre che l'Unione europea:

  • migliori l'efficienza energetica, in particolare a livello domestico e nel campo dei servizi e nell'industria. Tali interventi consentirebbero di ottenere, secondo le stime, circa metà delle riduzioni delle emissioni per il 2010. Successivamente e verso il 2030, il loro contributo scenderebbe a circa un terzo;
  • cambi il modo in cui genera energia. Da oggi al 2030, oltre il 70% delle riduzioni delle emissioni di CO2 dovrebbe essere conseguito nel settore della produzione di energia tramite il passaggio a combustibili a basso o nullo contenuto di carbonio. L'utilizzo di combustibili solidi dovrebbe ridursi notevolmente, mentre quello del gas naturale dovrebbe aumentare rapidamente. La generazione combinata di calore ed energia incrementerà la propria quota nella produzione di elettricità;
  • abolisca le sovvenzioni con effetti negativi sull'ambiente concesse ai combustibili fossili. Nel 2001, le sovvenzioni all'energia nell'UE-15 sono state pari a 29 miliardi di euro, di cui il 73% volto a sostenere i combustibili fossili;
  • investa invece in fonti di energia rinnovabile fissando obiettivi in tal senso. In particolare, si prevede che l'utilizzo dell'energia eolica e della biomassa incrementi la propria quota tra le fonti di energia primarie;
  • esplori nuove tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio che possano fungere da tecnologie di transizione verso un sistema energetico a basso contenuto di carbonio;
  • intensifichi la ricerca e lo sviluppo di tecnologie pulite (per esempio, celle a idrogeno combustibile);
  • renda l'opinione pubblica e le aziende europee più consapevoli dell'apporto che possono offrire, nella loro vita quotidiana, alla riduzione dell'intensità di energia (consumo di energia per unità di prodotto) da parte dell'economia.


Uno scenario caratterizzato da maggiori aumenti nell'uso di energia rinnovabile (quasi il 40% della generazione di elettricità) consentirebbe in Europa, per il 2030, una riduzione maggiore delle emissioni di CO2 legate all'energia, pari circa al 21% rispetto ai livelli del 1990.

In tutti gli scenari esplorati dall'Agenzia europea dell'ambiente, il settore dei trasporti resta sempre un campo difficile nel quale ridurre le emissioni. Secondo le proiezioni, le emissioni di CO2 da parte del settore dovrebbero continuare ad aumentare in tutti gli scenari (del 25-28% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030) in ragione del costante aumento della domanda di trasporto di passeggeri e merci.

L'Agenzia europea dell'ambiente ha inoltre analizzato i costi derivanti dalla conversione dell'Europa ad un sistema energetico a basso contenuto di carbonio. Molte iniziative nel campo dell'efficienza energetica in ambito domestico e nel settore dei servizi potrebbero, se realizzate precocemente, comportare costi ridotti o addirittura negativi. Tuttavia, il ricorso a significanti riduzioni nell'uso di combustibili fossili potrebbe rappresentare, per il 2030, un maggior costo pari circa allo 0,6% del PIL.

Ad ogni modo, sussistono prove sempre più evidenti del fatto che i benefici risultanti dalla limitazione dell'aumento della temperatura globale a 2°C, che permetterebbe di evitare danni dovuti al cambiamento climatico in tutto il mondo, compensino i costi delle misure volte a ridurre le emissioni. Inoltre, un sistema energetico europeo a basso contenuto di carbonio dovrebbe produrre ulteriori benefici ambientali collaterali quali una riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici, una maggiore sicurezza dell'approvvigionamento e potenziali effetti positivi sull'occupazione. Occorre tuttavia analizzare ulteriormente i costi macroeconomici e settoriali, nonché i costi del non-intervento.

Sono altresì previste sostanziali riduzioni a basso costo delle emissioni per quanto concerne le emissioni di metano e protossido di azoto provenienti dall'industria, dal trattamento dei rifiuti e dall'agricoltura.

Nel corso del 2005, l'Agenzia europea dell'ambiente pubblicherà ulteriori dettagli sulle ipotesi alla base degli scenari analizzati e dei relativi risultati.

Note per i redattori

Obiettivi per il cambiamento climatico

Il protocollo di Kyoto, entrato in vigore nel 2005, controlla le emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N20) da parte dei paesi industriali, oltre a tre gas industriali fluorurati, ossia gli idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC) e l'esafluoruro di zolfo (SF6). Secondo il protocollo di Kyoto, i 15 Stati già membri dell'Unione europea prima del 2004 hanno accettato di ridurre le emissioni dell'8% rispetto ai livelli annuali di base entro il 2008--12, concordando altresì diverse limitazioni od obiettivi di riduzione delle emissioni per ogni Stato membro nell'ambito del cosiddetto accordo di "ripartizione degli oneri". I nuovi Stati membri (fuorché Cipro e Malta) che hanno aderito all'Unione europea nel 2004 hanno i propri obiettivi di riduzione secondo il protocollo di Kyoto, che vanno dal 6 all'8% dei rispettivi livelli annuale di base. Tutti i paesi industriali che hanno ratificato il protocollo, considerati nel loro complesso, si sono impegnati per una riduzione media del 2,8% entro 2008--12 (rispetto ai livelli del 1990). Tali paesi rappresentano circa il 64% delle emissioni totali dei paesi industriali, in quanto Stati Uniti e Australia non hanno ratificato il protocollo.

Per ridurre al minimo gli effetti negativi, l'Unione europea, nel sesto programma di azione per l'ambiente (2002), ha fissato un obiettivo indicativo a lungo termine per la temperatura globale non superiore a 2°C rispetto ai livelli preindustriali. L'aumento della temperatura nel mondo ha già raggiunto circa un terzo di questo obiettivo. In occasione delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell' ambiente dell'Unione europea del 20 dicembre 2004 e dell'11 marzo 2005, si è ribadito l'obiettivo di temperatura stabilito, livello che il Consiglio ha così tradotto in obiettivi di riduzione delle emissioni globali. La riunione del Consiglio del 20 dicembre 2004 ha concluso: "potrebbe essere necessaria la stabilizzazione delle concentrazioni a un livello nettamente inferiore ai 550 ppm di equivalente CO2 ed è necessario che le emissioni di gas ad effetto serra raggiungano il punto culminante entro due decenni, cui dovranno seguire riduzioni sostanziali come minimo dell'ordine del 15% e possibilmente fino al 50% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990". Le riduzioni imposte dal protocollo di Kyoto per il 2008-2012 sono dunque un primo passo, piccolo ma fondamentale, verso ulteriori riduzioni delle emissioni globali.

La quota delle emissioni dei 25 Stati membri dell'Unione europea rispetto alle emissioni globali dovrebbe ridursi a meno del 10% entro il 2050, mentre è previsto che aumenti la quota di emissioni di altri paesi, tra cui quelli in via di sviluppo. Occorrono pertanto ulteriori interventi per ridurre le emissioni in tutti i paesi, siano essi industrializzati o in via di sviluppo, in base ai principi di responsabilità condivise ma differenziate e le capacità rispettive enunciati nella Convenzione quadro dell'ONU.

Inoltre, il Consiglio dei Ministri dell' ambiente dell'Unione europea dell'11 marzo 2005 ha concluso che: "l'UE desidera esplorare con altre parti le possibili strategie per il conseguimento delle necessarie riduzioni di emissioni e ritiene che, a tal fine, l'insieme dei paesi sviluppati debba prendere in esame profili di riduzione dell'ordine del 15-30% entro il 2020 e del 60-80% entro il 2050 rispetto ai valori di riferimento previsti dal protocollo di Kyoto".

La relazione dell'Agenzia europea dell'ambiente ha analizzato una riduzione delle emissioni globali del 15% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050, che rientra nei limiti indicati dal Consiglio dei Ministri dell' ambiente. È tuttavia necessario approfondire la ricerca per quantificare meglio le riduzioni necessarie a livello di emissioni globali. La relazione dell'Agenzia europea dell'ambiente ha ipotizzato obiettivi di riduzione delle emissioni dell'Unione europea del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, del 40% entro il 2030 e del 65% entro il 2050, obiettivi che rientrano anch'essi nei limiti indicati dal Consiglio "Ambiente" dell'Unione europea.

Link alla relazione dell'AEA:
http://reports.eea.europa.eu/eea_report_2005_1/en

Per informazioni sulle future azioni dell'Unione europea in tema di cambiamento climatico, consultare l'indirizzo:
http://europa.europa.eu/comm/environment/climat/future_action.htm

Informazioni sull'Agenzia europea dell'ambiente


L'Agenzia europea dell'ambiente è il principale organismo pubblico in Europa incaricato di fornire informazioni pertinenti ed affidabili sia ai decisori che all'opinione pubblica in materia di ambiente. Operante a Copenaghen sin dal 1994, l'AEA è il fulcro della rete europea di informazione e osservazione ambientale (EIONET), una rete composta da circa 300 organismi in tutta Europa attraverso i quali essa raccoglie e divulga informazioni e dati in merito all'ambiente. L'Agenzia, organismo comunitario, è aperta a tutte le nazioni che ne condividono gli obiettivi. Attualmente è costituita da 31 paesi membri, ossia i 25 Stati membri dell'Unione europea, i tre paesi candidati all'adesione all'Unione europea (Bulgaria, Romania, e Turchia), nonché Islanda, Liechtenstein e Norvegia. È stato inoltre siglato un accordo di adesione con la Svizzera. Gli Stati dei Balcani occidentali, ossia Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro, hanno presentato domanda di adesione all'Agenzia.


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