prossimo
precedente
voci

Article

Artico — Perché bisogna avere cura dell’Artico?

Article Pubblicato 22/03/2010 Ultima modifica 21/03/2023

Dines Mikaelsen appoggia il fucile sulla prua della barca che dondola dolcemente, carica il colpo in canna e fa segno ai compagni di rimanere in silenzio. Il cacciatore inuit ha già mancato il bersaglio un paio di volte. Le dita stringono il grilletto. Un forte crack echeggia tra gli iceberg e a distanza di un campo da football una foca crolla a terra.

I quattro compagni di Dines – turisti – rimangono basiti. È quel che sono venuti a vedere, ma sono comunque un po’ turbati. Dines e i turisti dai quali ora dipende per buona parte del suo reddito non si conoscono ancora molto bene. Mentre altre culture fondano il loro sostentamento quasi esclusivamente su carne ben tagliata e avvolta nel cellophane, la caccia e le forme tradizionali di allevamento del bestiame sono ancora elementi centrali nelle culture artiche.

La cultura e il paesaggio dell’Artico, come la piccola attività turistica di Dines, sono influenzate da due potenti forze: la globalizzazione e i cambiamenti climatici. La globalizzazione ha portato MTV, l’iPod, sistemi di navigazione modernissimi e una maggiore esposizione al mondo esterno. I cambiamenti climatici trasformano il paesaggio gelato, sciogliendo i ghiacciai e aprendo nuove vie marittime. Ciò offre anche nuove opportunità. Le navi da crociera hanno cominciato ad apparire a Tasiilaq, il villaggio di Dines sull’isola di Ammassalik, lungo la costa orientale della Groenlandia spazzata dal vento. Nel 2006 arrivarono quattro navi da crociera; l’anno dopo otto. «Cinque anni fa non c’erano mosche nel nord della Groenlandia. Adesso ci sono. Qui le mosche arrivano un mese prima del solito», dice Dines. Fa anche molto più caldo. Negli ultimi anni le temperature estive a Tasiilaq hanno raggiunto i 22 gradi, polverizzando i record precedenti.

Cos’è l’Artico?

L’Artico è una regione enorme, che si estende su un sesto della massa terrestre, ventiquattro fusi orari e più di 30 milioni di km2. Gran parte della regione artica è coperta dall’oceano, che raggiunge una profondità di 4 km, ma anche qui si trovano vaste aree di terraferma.

L’Artico è abitato da circa 4 milioni di persone, tra cui più di 30 popolazioni autoctone. Otto Stati (Canada, Danimarca/Groenlandia, Finlandia, Islanda, Norvegia, Federazione russa, Svezia e Stati Uniti) hanno territori nella regione artica. Cinque sono paesi membri dell’Agenzia europea dell’ambiente, tre dei quali sono Stati membri dell’Unione europea.

Che cosa sta accadendo nell’Artico?

L’Artico risente dei cambiamenti climatici più di altre regioni. Negli ultimi cinquant’anni le temperature sono aumentate in misura due volte superiore alla media mondiale(19). Il Catlin Arctic Survey, condotto nella primavera del 2009, ha analizzato il ghiaccio lungo una rotta di 280 miglia nel Mare di Beaufort, situato sul fronte settentrionale dell’Artico. Il ghiaccio era spesso sei piedi (circa 1,8 metri) e aveva mediamente un anno di età. La banchisa più vecchia, più spessa e più stabile sta scomparendo. Nel 2008 le rotte marittime dei passaggi a nord-ovest e nord-est attraverso la regione artica sono state navigabili per un breve periodo durante l’estate per la prima volta da quando è cominciata la raccolta di dati.

Il mutamento del clima minaccia di distruggere la delicata rete di ecosistemi artici, che stanno già cambiando rapidamente. La banchisa artica, in particolare, desta serie preoccupazioni. Il ghiaccio e il mare sottostante ospitano numerose forme di vita, tutte a rischio a causa del riscaldamento globale.

Gli orsi polari muoiono di fame perché il ghiaccio più vicino al mare, luogo di riposo preferito delle foche, è troppo sottile per sostenerli. Gli uccelli migratori che trascorrono l’estate nell’Artico si perdono la più abbondante fioritura della stagione primaverile, perché si verifica con tre settimane di anticipo, prima del loro arrivo.

Inquinamento e allattamento(18)

Molte sostanze inquinanti pericolose, tra cui le sostanze chimiche usate in agricoltura, le sostanze destinate a ritardare la propagazione del fuoco, i metalli pesanti e i materiali radioattivi, hanno avuto un impatto sull’Artico e sulle popolazioni che vivono in tale ambiente da decenni.

L’inquinamento prodotto altrove è trasportato nell’Artico dal vento e dal mare. A causa delle basse temperature, inquinanti come il DDT non si disgregano e rimangono nell’acqua. Poiché vengono assorbiti dai tessuti grassi, per esempio dalla carne delle foche, queste sostanze chimiche raggiungono la popolazione locale. In alcune zone dell’Artico si consiglia alle puerpere di integrare l’allattamento al seno con latte in polvere per ridurre l’esposizione dei neonati.

Perché bisogna avere cura dell’Artico?

Per molti di noi l’Artico può sembrare un luogo molto remoto in termini di geografia e importanza. Tuttavia la regione svolge una funzione fondamentale per la regolazione del clima a livello mondiale. Se i cambiamenti climatici proseguono ai ritmi previsti, le conseguenze saranno enormi per tutti.

Il polo nord e il polo sud svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione del clima sulla Terra, agendo da sistema di raffreddamento. A causa della minore copertura nevosa, la Terra assorbirà più calore dal sole e le correnti oceaniche cambieranno. L’Oceano artico, un misto di acqua dolce sciolta e di acqua salata, influenza le correnti oceaniche in tutto il pianeta. Alcuni scienziati ritengono che lo scioglimento di una quantità eccessiva di ghiaccio possa di fatto “interrompere” alcune correnti marine, che rivestono capitale importanza per il clima più a sud.

La regione artica ospita inoltre milioni di persone, molte delle quali appartengono a popolazioni autoctone uniche. Anche queste popolazioni e le loro culture sono a rischio.

Nuove attività economiche nell’Artico

Lo scioglimento della banchisa e dei ghiacciai artici aprirà nuove zone allo sfruttamento da parte degli esseri umani. È probabile che nei prossimi decenni si assisterà all’intensificazione di molte attività economiche nell’Artico. Con il ritiro dei ghiacci, la pesca sarà praticata più a nord; si cominceranno a sfruttare le riserve di petrolio e soprattutto di gas presenti nell’Artico; il turismo sta già registrando un’espansione; è molto probabile che aumenti anche il traffico marittimo, parallelamente all’esportazione di risorse artiche.

Con l’apertura di nuove vie marittime e il ghiaccio più sottile potrebbe arrivare anche il trasporto intercontinentale di merci, ma ciò richiede lo sviluppo di navi e infrastrutture. È possibile che aumenti l’estrazione di minerali, legno e altre risorse. Le varie nazioni dell’Artico potrebbero cominciare a competere tra loro per il controllo delle risorse, del territorio e delle rotte marittime. Trovare un equilibrio tra il potenziale offerto da un Artico più tiepido e i rischi che ciò comporta (come le fuoriuscite di petrolio e gli impatti sull’ambiente) rappresenta una sfida significativa, per rispondere alla quale è necessario modificare il modo in cui l’Artico è governato.

Governance ambientale

In altre parti del mondo la sfida ambientale è costituita dal recupero degli ecosistemi danneggiati. Nell’Artico esiste ancora la possibilità di difendere un ambiente che, per la maggior parte, è davvero unico. L’attuale sistema di governance nell’Artico è molto frammentario. Sebbene esista un’ampia serie di accordi internazionali sull’Artico, tali accordi non sono stati concepiti specificamente per la regione e la loro attuazione e applicazione è disomogenea, persino tra gli Stati artici.

Nel novembre 2008 la Commissione europea ha presentato un documento nel quale descrive gli interessi dell’Unione europea nella regione e propone una serie di azioni per gli Stati membri e le istituzioni dell’Unione. È il primo passo verso una politica europea integrata per l’Artico. I principali obiettivi dell’Unione sono:

  • tutelare e preservare l’Artico di concerto con la sua popolazione;
  • promuovere l’uso sostenibile delle risorse;
  • contribuire a una migliore governance multilaterale nell’Artico.

Orsi polari involontariamente a dieta

Secondo una nuova relazione del Consiglio dei ministri nordici, Signs of Climate Change in Nordic Nature (Segni di cambiamento climatico nella natura nordica), i cambiamenti climatici stanno causando una perdita di peso tra gli orsi polari, dovuta al fatto che il ghiaccio comincia a sciogliersi sempre prima in primavera. Lo scioglimento precoce restringe il numero di foche che gli orsi possono cacciare. In alcune parti dell’Artico la femmina media ora pesa soltanto 225 kg, cioè il 25% in meno rispetto a vent’anni fa. Se la tendenza prosegue, l’orso polare rischia di scomparire in alcune zone dell’Artico.

La relazione individua alcuni indicatori che permetteranno di quantificare l’impatto dei cambiamenti climatici e di seguire l’evoluzione degli ecosistemi nordici. I 14 indicatori descrivono l’impatto del riscaldamento globale, per esempio, sulle stagioni di crescita e di impollinazione e sugli stock ittici e di plancton. La stagione dell’impollinazione comincia sempre prima, rendendo più difficile la vita a chi soffre di allergie. In alcune zone della Danimarca, della Norvegia e dell’Islanda la stagione di impollinazione della betulla, per esempio, comincia un mese prima rispetto agli anni Ottanta.

18. Valutazione Amap 2009: Human Health in the Arctic

19. IPCC, Fourth Assessment Report (4AR), Summary For Policy Makers 2007, End of 21st century prediction

Permalinks

Geographic coverage

Azioni del documento